(blasfemamente giocato sulle terzine del XXVI canto dell’Inferno di Dante – il canto di Ulisse, insieme il più forte ed il più debole degli uomini )
Che in me gioie e timor stavan lottando
E nulla, né d’affari né d’amore,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i ebbi a divenir del mondo esperto
ma misi me per l’alto mare aperto.
Talvolta si lavora fortemente
Per ottener qualcosa di importante
Ma quando la novella è li per avvenire
L’istinto umano è quello di fuggire…
Così, con nel cuor un dubbio solo
dè remi facemmo ali al folle volo.