Resilienza e pronoia

Quanto ne avete sentito parlare di resilienza di resilienza? Un sacco. 

Bene, è un termine che la psicologia ha preso in prestito dalla fisica ed è un termine che fino a pochi anni fa era sconosciuto ai più. Perché? Perché parlare di fallimento non andava di moda e di conseguenza di una vittoria si vedeva solamente il bel risultato positivo e non tutta la serie di sconfitte precedenti. 

Poi, finalmente, si è iniziato a parlare anche delle sconfitte e adesso piace un casino. Direi molto meglio, anche a livello sociale. Perché chi si sente sconfitto ha tanti esempi da prendere per voler provare a rialzarsi senza doversi aggrappare a Dickens e Tom Sawyer. 

Ma torniamo alla resilienza, anzi partiamo dalla sua definizione fisica.

Da Wikipedia “La resilienza è una proprietà meccanica, definita come l’energia assorbita da un corpo in conseguenza delle deformazioni elastiche. In ingegneria, viene misurata come la capacità di un materiale di resistere a forze dinamiche, ovvero ad urti,[1] fino a rottura, assorbendo energia con deformazioni elastiche e plastiche.” Echiaro che in questo caso il materiale siamo noi. 

Da qui andiamo alla resilienza per come è vissuta nella psicanalisi contemporanea. Sempre da Wikipedia “In psicologia, la resilienza è un concetto che indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità. Sono persone resilienti quelle che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e persino a raggiungere mete importanti.”

Il trauma, come più volte mi ha ben spiegato la mia meravigliosa psicoterapeuta C.M. (per privacy) va a rompere una parte di noi tanto che siamo costretti a trovare un altro modo di affrontare quella parte della nostra vita. Non esiste più come prima. E’ difficile, lo so, ma come ci insegna la resilienza, può diventare un meraviglioso giro di boa. 

Sempre in tema di resilienza vorrei presentarvi in poche parole la teoria di Rob Brezsny, astrologo poeta e cantante americano che ha più del mistico che non dellastrologo a che io amo molto. La sua teoria (trovate un libro dedicato di oltre 300 pagine) si chiama PRONOIA. 

Lui cerca in tutti i modi di educarci, con dei veri e propri esercizi per lanima, a fare due cose importanti ma consequenziali.

LA PRIMA

Anche lui non si lascia scappare Jung e Freud e ci spiega come sia necessario vivere un dolore in modo intelligente cogliendo loccasione della rottura per indagare la nostra ombra ovvero quella parte nella quale abbiamo infilato complessi, paure, bisogni eccetera eccetera. Di solito più che indagarla la si ignora o la si proietta allesterno combattendola: questa è la cosa peggiora ma più naturale del mondo. Proiettare allesterno è una osa naturale, labbiamo vista e rivista in questa prima parte del libro che, vi giuro, sta volgendo al termine. Ecco, sappiate che spesso quello che combattiamo è quello che ci farà cadere e quello che odiamo negli altri è quello che facciamo anche noi per natura ma lo facciamo in risposta ad una ferita dellombra, dellinconscio, del profondo. Per rompere questo circolo molto più che vizioso la comprensione di noi stessi è fondamentale. Mettiamoci allo specchio, facciamo parlare il nostro orsacchiotto di peluche, tiriamo tutto fuori e guardiamolo realmente in faccia senza paura di deludere le nostre aspettative su noi stessi. Questa frase rileggetevela. 

LA SECONDA

Il mondo ci vuole bene. Brezsny è un Cancro e quindi questa cosa ce lha di suo ma non va molto lontano dal concetto di karma, dalla radice di moltissime religioni (prima che diventassero questioni politiche)e filosofie. Quindi non è che lui abbia inventato qualcosa di nuovo ma diciamo che è molto bravo ad accompagnarci ogni settimana in questo percorso. La storia è semplice: noi entriamo in contatto profondo con noi stessi, quindi smettiamo di avere bisogno di arrabbiarci col mondo esterno e di sentiro estraneo, iniziamo ad amarlo, a fidarci, ad ascoltarlo e ad essere grati. Così le energie dal fuori iniziano a circolare anche attraverso noi e viceversa come quando arrivi nella casa al mare dopo linverno e apri tutte le finestre per fare corrente. In questo modo il rapporto del singolo col tutto diventa diverso, damore e di supporto reciproco. Sentire il mondo amico ce lo rende amico davvero ma ci si arriva dopo aver messo a posto il proprio motore interno. 

Prego Rob, è sempre un piacere parafrasare 397 pagine del tuo libro in 7 righe. Non c’è di che! 

A questo punto ragazzi la storia è chiara: chi spera che “sia sempre tutto tranquillo” non vive e chi non vive non evolve e non può essere felice. 

Quindi basta lamentarvi del fatto che siete sfigati. La sfiga non esiste (parafrasando anche Paolo Stella, oggi ci do dentro con le parafrasi non autorizzate). 

Rimboccatevi le maniche e guardatevi dentro. Usate gli strumenti che volete ma non sperate di cavarvela con il weekend di corso di reiki, per capirci. E se la risposta è sempre va tutto bene così” forse non vi siete guardati dentro abbastanza perché io vi auguro che ci sia sempre almeno un qualcosa che non vada bene oppure che stiate facendo questa considerazione a centodieci anni poco prima di morire. 

Perché quando si fa questa considerazione per troppo tempo si arresta il cambiamento e ci fermiamo anche noi. 

E ogni volta che sarete nel mezzo di un periodaccio (per usare un eufemismo) ricordatevi di me e di Rob che vi consigliamo, dai due lati del globo, di benedire il periodaccio e anche ci vi ci ha messi dentro perché solo così potete diventare un popiù nuovi. E più fichi, anche se fichi lo siete già. 

Per correttezza di informazioni, una cosa (più o meno) così laveva detta anche Gesù ma questo non è proprio il luogo. Gesù perdonami. 

Che Giove Assista chi condivide!

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